Intervista a Bruna Bellotti di Diritti Senza Barriere, associazione di volontariato puro che opera in autonomia ed indipendenza. Nata nel 2001, si occupa di tutela in ambito sanitario dei diritti delle persone che non sono in grado di autodifendersi.
Raccontaci la tua realtà
Diritti senza barriere è nata nel 2001 a seguito di precedenti partecipazioni e adesioni ad altre associazioni. Col tempo ci eravamo accorti che se avessimo voluto portare avanti nostri obiettivi - che erano poco condivisi dall’associazione precedente - avremmo dovuto costituire una nostra associazione. Così è nata Diritti senza barriere, che proprio quest’anno compie 20 anni. Noi ci occupiamo in particolare di persone che non sono in grado di autodifendersi. E chi sono i malati che non sono in grado di autodifendersi? Si tratta delle persone che sono colpite nelle facoltà cognitive, ad esempio i malati di Alzheimer o demenza senile, oppure i malati mentali abbastanza gravi. Queste sono le categorie di cui ci occupiamo principalmente. Operativamente, noi siamo quella che si suol dire la spina nel fianco dell’azienda USL, perché abbiamo sempre il dito puntato per segnalare le inefficienze, gli abusi, la non adeguata assistenza, la non adeguata cura, insomma tutto quello che riguarda una possibile ripresa del malato.
3 rivendicazioni / punti cruciali per la tua associazione
Prima di tutto la sanità non deve assolutamente essere privatizzata. Questo è l’obiettivo principale, che vale sia per le residenze sanitarie assistenziali (RSA) che ospitano malati, anziani e non auto-sufficienti, sia per i malati mentali, cioè le residenze psichiatriche che, lo ribadisco, non devono essere esternalizzate. È molto grave che una buona parte dei servizi, e soprattutto i servizi psichiatrici residenziali, siano stati esternalizzati. Una sanità privatizzata in mano alle cooperative non ha come vero interesse quello della ripresa del malato: non vengono fatte le formazioni, il personale viene assunto senza una previa selezione, attirando così le persone meno qualificate e offrendo un servizio che è inadeguato alle aspettative. RSA e residenze psichiatriche devono essere gestite dal Servizio Sanitario Nazionale. Il bene comune è e rimane quello della sanità pubblica, ed è il maggior bene comune che ci possa essere. Questo dunque è il punto principale: il privato deve essere totalmente abolito. E lo dico con forza, perché non si può fare business nella sanità.
Non è detto però che un servizio che sia gestito totalmente dal Servizio Sanitario Nazionale adempia effettivamente alle aspettative degli utenti - e in particolare se gli utenti che non sono in grado di autodifendersi non sono neanche in grado di esprimere i propri bisogni. Questo ci porta a un secondo aspetto che è cruciale nel nostro operato quotidiano: la necessità di un controllo popolare, insomma di un controllo dal basso, sulle attività svolte dal Servizio Sanitario Nazionale. È necessario che tale controllo sia libero, autonomo ed indipendente. Chi è infatti che si fa portavoce di un malato che non sa autodifendersi? Sono i familiari, oppure, nel caso in cui l’anziano o il malato mentale fossero soli, è necessario che ci siano delle associazioni. Ma queste associazioni, per poter svolgere un ruolo che sia effettivamente dalla parte del malato, devono essere associazioni libere, autonome ed indipendenti. Non può essere che un’associazione sia finanziata dall’ente dal quale è in cura il malato. Affinché un servizio sia soddisfacente deve essere controllato, e deve essere controllato da persone autonome ed indipendenti.
Infine, come terza rivendicazione riteniamo che ci debbano essere dei finanziamenti concreti. Non è accettabile che il ministero della salute dia dei numeri che poi a lato pratico si rivelano inadeguati per quella realtà. Ma anche in questo caso, il finanziamento deve essere sempre valutato dalla base, insomma dal popolo. Concretamente crediamo che la funzione del controllo debba essere esterna alla gestione effettiva delle attività: occorre costituire un comitato, il quale deve essere formato dai rappresentanti di associazioni e/o dai familiari. Il suo scopo è quello di verificare la qualità del servizio fornito e che i soldi siano spesi appropriatamente. E la qualità del servizio viene esplicata sia nella fornitura dei servizi (ad esempio la qualità dei pasti, l’idoneità delle strutture, ecc.), sia nell’attività del personale, che appunto deve essere qualificato, appositamente selezionato e, soprattutto, deve essere adeguatamente retribuito. Alle cooperative questo non interessa perché tutto ciò comporta dei costi.
Come si possono realizzare queste rivendicazioni?
Io credo che questi obiettivi si possano raggiungere soltanto attraverso la consapevolezza delle associazioni. Serve un’unione, servono obiettivi comuni, serve riconoscere che questi sono obiettivi comuni e che insieme possiamo collaborare verso il raggiungimento di questi obiettivi. Ma come si fa a raggiungere un obiettivo comune? Lo si fa soltanto unendoci insieme, dunque l’importanza di un congresso nazionale per la salute è quello di verificare se nell’ambito delle realtà aderenti si creano degli obiettivi comuni, e se su questi siamo in grado di portare avanti delle rivendicazioni.
Avete qualche proposta in termini di modalità di azione/lotta/efficace?
Visto e considerato che la stampa è molto succube al potere dominante e non riporta molte notizie, i nostri sforzi si dovrebbero concentrare sull’organizzazione di manifestazioni. Attraverso le manifestazioni ci si fa conoscere, si crea consapevolezza e si permette di far circolare informazione fra la massa. Creare dei momenti di lotta permette ai cittadini di rendersi conto che esistono delle realtà come le nostre, che lottano per il diritto alla salute. Però voglio essere chiara: non è sufficiente fare una manifestazione una volta all’anno, no! Si devono creare dei momenti capaci di perseverare nel tempo - faccio l’esempio dei gilet gialli in Francia, anche se poi anche loro sono finiti in una bolla di sapone. O tu sei sempre lì vivo, presente, che puntelli continuamente, altrimenti non ottieni nulla. Insomma, ci deve essere uno stillicidio continuo nei confronti del potere. E come si fa a mantenere vivo questo stillicidio? Occorre una carica interiore, occorre credere fermamente in quello che fai e allora riuscirai ad andare avanti. Ma questa carica interiore la ottieni anche facendoti forza con la partecipazione di tante altre persone che hanno i tuoi stessi obiettivi, e così, stando tutti insieme, la carica aumenta.
Cosa ti aspetti dal congresso di novemebre, cha porterà al confronto tante realtà così diverse?
Mi aspetto che venga fuori questa consapevolezza di cui ho parlato. Queste iniziative sono importanti perché creano una conoscenza tra i partecipanti, e la conoscenza è importante per riuscire a stringere, a formare appunto delle adesioni a livello nazionale e portare avanti quelli che sono gli obiettivi comuni.