intervista alla storica, docente di Storia delle Istituzioni politiche presso l'Università di Genova. Membro del comitato scientifico della Fondazione Basso.
Raccontaci la tua realtà e il tuo percorso nella lotta per il diritto alla salute.
Io credo che la salute come diritto fondamentale ma anche come forma di liberazione umana e di giustizia sociale sia un ambito centrale per poter costruire una nuova combinazione di mobilitazione, di lotte nella quale più soggetti possano incontrarsi e allearsi. Questo deriva anche dalla mia esperienza di studiosa negli anni settanta in quanto ci hanno insegnato come la salute e la riqualificazione dell’ aspetto sanitario pubblico possano certamente suscitare domande di cambiamento, di democratizzazione provenienti anche da altre forme del conflitto sociale anche perché la salute, in fondo, è il campo a noi più importante e relazionale. Le lotte per la salute in quegli anni hanno avuto la forza non solo di creare rapporti tra la salute ambientale e l'organizzazione del lavoro ma anche di mettere insieme partecipazione e prevenzione ricostruendo anche le relazioni di potere tra i cittadini e le istituzioni ma soprattutto coinvolgendo gli atti centrali della vita quotidiana: i rapporti sociali di produzione e riproduzione.
Quali sono le tre rivendicazioni cruciali da intraprendere in un percorso di lotta?
Innanzitutto la riqualificazione del servizio sanitario nazionale, poichè si teme nei giorni futuri che possa essere ulteriormente indebolito dallo spazio che si prevede verrà lasciato al mercato della sanità privata. Lo metto come primo punto in questo momento in cui il rischio, purtroppo poco conosciuto, è il rafforzamento del privato, dei meccanismi e delle logiche di mercato, di una privatizzazione della sanità italiana.
La partita è quella di rilanciare e riqualificare il servizio sanitario pubblico, di una centralità di una concezione della salute non privatistica e la responsabilità pubblica e comune della gestione della sanità. In questi due anni tragici il servizio sanitario si è trovato impreparato ad affrontare la pandemia, i limiti si sono manifestati soprattutto di fronte all’ emergenza e sono derivati dal definanziamento della sanità pubblica, dai tagli fortissimi che ci sono stati al personale e alle strutture e dallo spazio lasciato alla sanità privata. Nella vicenda della pandemia sono state anche le conseguenze di tutte le politiche di privatizzazione e mercificazione della sanità che sono state effettuate in decenni, nel contesto più complessivo di una riorganizzazione neoliberale del capitalismo.
La seconda rivendicazione è quella di una battaglia contro il concetto di salute mercificata e capitalizzata. Io credo sia molto importante riappropriarsi democraticamente delle funzioni pubbliche delle istituzioni del welfare esistente ma anche puntare a forme istituzionali di sanità più socializzate istituzioni che siano di sperimentazione di una gestione comune fondata anche sulla coproduzione e cogestione dei servizi e sulla loro qualità. Sostengo sia necessario puntare a livello più generale a un nuovo modello di welfare socio-sanitario, l’integrazione socio-sanitaria è il primo obiettivo, che potremmo definire non più come un pubblico-privato ma pubblico-comune.
Per la terza rivendicazione direi facilmente vaccini bene comune, vaccini in tutto il mondo e per tutti quanti e quindi l’abbattimento del regime di proprietà intellettuale. Credo che per realizzare tutto questo ci sia solo da lottare dalle arti creando una rete di mobilitazioni, un comune progetto politico che persegua obiettivi comuni cercando di connettere per altro la lotta per la salute e per il diritto alla salute con altre lotte.
In vista del congresso per la salute, che avrà l’obiettivo di connettere tutte le realtà che lottano in territori diversi per il diritto alla salute, come pensi che le altre realtà possano aiutarti nell’ottenere queste rivendicazioni?
Sono convinta che l’unico modo sia costruire un’ampia e solida rete di esperienze, di mobilitazioni su questo tema, connettere gli altri tipi di lotta e individuare una comune agenda politica radicale.
Mi aspetto una politica delle alleanze, una cooperazione delle lotte e l’individuazione degli obiettivi centrali, una sorta di manifesto comune con i punti contro cui mobilitarsi ma anche quelli, in senso positivo e costruttivo, in cui allearsi.